Nei giorni scorsi sono comparsi dei vostri dati che fanno il punto sulle quantità di alimenti prodotti in FVG, ci può chiarire perché tra questi avete segnalato la non-autosufficienza di latte in regione?
Partiamo dalla conclusione: non abbiamo segnalato una carenza di latte, ma il fatto che i consumi medi di latte della nostra popolazione regionale (secondo dati ISTAT) - intesi sia come latte fresco sia come trasformato (formaggi, lattici, gelati e pasticceria) - siano superiori alla nostra attuale capacità produttiva. Ciò nonostante, abbiamo portato alla luce il fatto che in passato si siano chiuse molte stalle (ridotte del 50%) negli ultimi 20 anni. Il motivo si può trovare nella concorrenza fatta dai produttori di latte stranieri da quando l’UE ha rimosso le barriere doganali e sono entrati in commercio prodotti a basso costo che avevano bisogno di latte ancor di minor valore. Purtroppo non siamo riusciti ad opporci a questa tendenza negli anni scorsi, anche se nel recente passato vi sono segnali di una maggiore attenzione da parte del consumatore. A ciò corrisponde la volontà di nuovi giovani di diventare allevatori, produttori e trasformatori di latte proprio in prodotti particolari e di valore. Quindi, con la nostra affermazione, volavamo evidenziare non che mancasse latte, ma che questo è un settore offre degli spazi di lavoro a chi si vuole cimentare in progetti nuovi.
Nell’articolo poi si davano altre informazioni sulle filiere regionali, cosa voleva sottolineare la vostra analisi?
Quando si è cominciato a parlare di un secondo possibile lockdown che bloccasse la vendita della ristorazione e dei bar abbiamo fatto una verifica iniziale per capire cosa sarebbe successo.
Vi ricorderete che, nei mesi di marzo e aprile, una situazione analoga aveva provocato momenti di paura in alcune filiere.
Attualmente, una quota dei consumi dei cittadini sono sulla Grande Distribuzione Organizzata (supermercati) e l’altra si trova sui piccoli negozi e ristoranti locali. Questi due canali operano in modo bilanciato assorbendo, benché in modo diverso, le produzioni locali. Il modo in cui ciò avviene è legato alla logistica ed ai sistemi di approvvigionamento.
Ci può fare un esempio?
Il più semplice è quello della birra. Alcune attività di ristorazione, soprattutto i bar, vendono birre in genere “commerciali”, di fornitori internazionali o locali, reperibili in fusto piuttosto che in bottiglia o lattina.
Dall’altro lato, la grande distribuzione al contrario vende solitamente birra confezionata solo in bottiglia e lattina. Considerato che normalmente con la pizza, sia a casa che in pizzeria, io personalmente gradisco sempre una birra, ciò che accade è che l’eventuale chiusura della pizzeria sposta il mio consumo dalla spina alla bottiglia acquistata al supermercato. Questo semplice fatto, a cui il consumatore presta poca attenzione, ha invece un forte impatto sulle filiere produttive.
Facciamo un altro esempio concreto: fare colazione a casa. Il cappuccino da macchinetta (capsula di caffè e bottiglia di latte acquistate al supermercato), rispetto alla classica tazza del bar + cornetto fa la differenza sul canale da cui ci arriva il latte e, quindi, sulla sua origine. Di fatto questo gesto che diventa "casalingo" va ad impattare, se fatto da tanti italiani contemporaneamente, sul prezzo di ritiro del latte alla stalla.
Infatti, se la quantità di cibo consumata e quella prodotta sul territorio come in FVG sono pressoché bilanciate, una situazione di consumo diversa può causare stravolgimenti che hanno effetti fino al momento in cui il sistema produttivo non si riesce a riorganizzare. Il tempo che richiede questo riassestamento può non essere poco, proprio perché i canali di fornitura, gli accordi ed i contratti presenti tra agricoltori, industria di trasformazione e distribuzione non possono essere cambiati in modo repentino.
Per questo potrebbe accadere che alcuni prodotti per un periodo scarseggino (classici esempi di farina, lievito…) oppure magari i produttori di latte locali potrebbero vedersi non ritirata la loro produzione per alcuni giorni.
Ma non si tratta allora di speculazione?
Certamente, su questi momenti di stravolgimento repentini si può inserire anche la speculazione al ribasso. Può accadere che si attivino delle forniture sottoprezzo da parte di soggetti locali, nazionali o anche esteri, dove eccessi di produzione non smaltiti vengono messi sul mercato a prezzi stracciati pur di recuperarne una parte del valore.
Allora cosa possiamo fare?
Non c’è molto che il singolo cittadino consumatore possa fare per opporsi a dinamiche di questo tipo, se non essere attento nella sua scelta, leggendo l’etichetta e favorendo dove possibile l’acquisto di prodotti locali o almeno nazionali. Un altro modo di essere proattivi è inoltre acquistare i prodotti dai produttori primari, ove possibile, garantendo loro comunque un po’ di ossigeno con la vendita diretta.
Ma come fare per chi non ha tempo o non vuole, in obbedienza alle indicazioni ricevute, muoversi sul territorio a cercare produttori e prodotti?
Non è più un grosso problema infatti molte aziende agricole, caseifici, botteghe di artigiani (quali macellai, panettieri e pasticceri) e molti ristoratori si sono organizzati con l’home delivery (consegna a domicilio) di “borse della spesa” o di pasti pronti.
Come trovarli?
I ristoratori ormai vengono segnalati dalle principali piattaforme digitali quali Maps di Google o le iniziative locali di Soplaya come il sito “asportoedomicilio.com” con le varie opzioni disponibili (takeaway o home delivery).
Noi come Agenzia Regionale AgrifoodFVG, ci siamo concentrati sui produttori primari e trasformatori.
Abbiamo nuovamente messo a disposizione una mappa consultabile sul nostro sito, dove tutti i produttori possono esporre le proprie produzioni e la loro disponibilità ad effettuare consegne a domicilio. Sulle schede delle imprese sono anche segnalati i canali per contattarli in maniera diretta. La piattaforma inoltre è connessa a quella di PromoTurismoFVG ed evidenzia parte dei ristoratori presenti in regione aderenti alla “Strada del Vino e dei Sapori”.
Ma quindi dove si trovano queste informazioni?
I cittadini possono semplicemente accedere al nostro sito (www.agrifoodfvg.it), alla pagina “Cerca Imprese”. Tramite questo servizio è possibile consultare la mappa delle imprese regionali, vedere la loro scheda che riporta quanto offrono, i loro orari di apertura e prodotti disponibili. Possono contattarle direttamente o magari usare il filtro per verificare quelle che fanno consegna a domicilio.
Le aziende, dall’altra parte, possono ovviamente inserire la propria scheda e la propria disponibilità attraverso la registrazione all’Area Riservata.
Proprio in questi giorni le imprese iscritte stanno ricevendo una mail che li avvisa di aggiornare i propri contatti o i servizi offerti.
Insomma, vi state dando da fare…
No, stiamo semplicemente assolvendo ad uno di nostri compiti istituzionali offrendo un servizio semplice, affidabile, gratuito ed aperto a tutti, sia alle imprese che ai cittadini della nostra regione.
E il marchio IoSonoFVG come si inserisce in questo contesto?
Il marchio vuole testimoniare ed avvalorare proprio l’impegno di imprese e imprenditori a valorizzare il proprio ruolo in Regione (Friuli Venezia Giulia) nel creare occupazione, rispettare e prendersi cura dell’ambiente considerandolo un bene comune e a produrre alimenti unici in modo il più possibile etico. Quindi l’iniziativa intrapresa in accordo con la Presidenza della Regione va ad inserirsi in questa nuova logica di reale sostenibilità, chiedendo al cittadino consumatore di sostenere questo modo nuovo di produrre e fare impresa con la propria scelta di acquisto.
Dobbiamo essere consci che quello che abbiamo iniziato non è un percorso di forzata autosufficienza, come erroneamente alcuni giornali hanno interpretato, quanto piuttosto un percorso trasparente per creare valore per il nostro territorio e per tutti i suoi abitanti in un modo naturale e sostenibile.