Newsletter n.26: Ripartiamo...senza esserci mai fermati!

Caro lettore,
torniamo dopo una lunga pausa pandemica dove i pensieri erano rivolti altrove, lo facciamo con una nuova veste, con nuove proposte e diverse prospettive.
L’impegno profuso nei mesi scorsi ha portato alla nascita e al consolidamento del marchio collettivo IoSonoFVG.
E allora chi meglio di questo Marchio rappresenta la sintesi di quell'unione tra pensiero ed azione alla quale questa Newsletter ha da sempre prestato attenzione esaltando la condivisione d'intenti? Chi altro ha mai collegato in FVG così tanti soggetti diversi in un unico sentire?
Sono infatti sempre più le imprese produttrici e distributrici che si mettono in gioco nel rendere vivi i concetti di sostenibilità delle diverse produzioni rurali, nel concepire comunità e territorio come un tutt’uno che crea valore non solo agli occhi di un consumatore attento ma principalmente nella vita degli stessi residenti.
Una prospettiva che IoSonoFVG non solo propone concretamente a tutti ma che grazie alla sua semplice filosofia (che altri chiamano one-health) sta contaminando anche altri settori produttivi. Così che vogliono testimoniare lo stesso impegno e la stessa affidabile fierezza di essere nel loro agire prima di tutto Friuli Venezia Giulia.
Il "sistema" marchio inoltre si è completato trovando una casa stabile nella nuovissima Fondazione Agrifood FVG. Questa "fondazione di partecipazione" è appunto uno strumento particolare che consente l’associazione volontaria di tutti coloro che hanno nel proprio codice genetico l'interesse allo sviluppo del nostro territorio offrendo anche ai concessionari del marchio la possibilità non solo di collaborare alla sua crescita, ma anche incidere sulla sua strategia di crescita e di diffusione.  
Così fare un passo avanti nella viticultura, pensare ad una nuova cerealicoltura locale più connessa alla trasformazione alimentare, una start up tutta nuova che accetta una sfida di non poco conto a favore di attività produttive e abitanti, unitamente alle opportunità formative dedicate alle imprese sono argomenti che in questa edizione ben descrivono quanto siamo cambiati e come guardiamo al nostro futuro.
Ripartiamo quindi e parliamo di un futuro fiero e condiviso dagli abitanti di una terra piccola ma altrettanto unica e irripetibile come il Friuli Venezia Giulia!
Newsletter 26

Newsletter n.25: Rincorsa verso le riaperture

Comincia la rincorsa...verso le riaperture (sperando sia la volta buona!).
Certi numeri ci consolano un po', alcuni ci preoccupano, altri ci spaventano.

Quelli che ci consolano sono sicuramente i numeri relativi al settore agroalimentare, il quale, nel suo insieme, si conferma riferimento nazionale, capace di adattarsi rapidamente alle mutate condizioni ambientali. Resilienza e duttilità sono elementi innati del comparto, come abbiamo ben capito in questi mesi. Numerosi sono gli esempi dal fronte "Io Sono FVG" di imprese ed imprenditori agricoli o alimentari che stanno guardando con curiosità le cose da nuove prospettive.
Le variazioni dei prezzi delle materie prime, magari non tutte, fanno inoltre la loro parte, indicando un cammino.

I numeri che ci preoccupano sono invece solo quelli della pandemia domestica, ma anche mondiale. Non solo i morti e gli infetti, ma anche gli interventi di sostegno messi in campo, i quali sicuramente condizioneranno il futuro di varie nazioni (tra cui l’Italia) nel bene (ovvero come opportunità) o nel male (come ulteriore debito).

E veniamo ai numeri che ci spaventano: quelli che scorrono sul conto alla rovescia che ci separa dalla prossima possibile ondata stagionale, messi a confronto con quelli dei vaccinati. Una corsa contro il tempo e, contemporaneamente, una corsa ad ostacoli. Non parlo del numero di dosi disponibili e degli aspetti logistici, dato che le ultime dichiarazioni fanno ben sperare, ma piuttosto alla “voglia di libertà” che, già lo scorso anno, ci ha giocato brutti scherzi. Mi riferisco quindi al numero di persone in giro, impegnate in "spesucce" o aperitivi takeaway: numeri che non salveranno la nostra economia, ma sicuramente potrebbero, in mancanza di sale in zucca, pregiudicarne il recupero.

Ed allora in questo numero ci dedichiamo a approfondire i temi della sostenibilità, della sua vera interpretazione e dei buoni spunti in arrivo dal nostro territorio con il marchio "Io Sono FVG". Speriamo che questi buoni esempi facciano da stimolo a comportamenti più responsabili e sostenibili da parte di tutti, consumatori compresi.
La sostenibilità è, prima di tutto, una forma mentale di tutti noi: conoscere il limite del sistema e non basare il comportamento solamente sulla propria convenienza.

PR connecting dots...
Newsletter 25

Newsletter n.24: Uovo o pollo?

La Naia, qui da noi, l’hanno passata in tanti a Vivaro… Oltre al fattaccio di cronaca, che ha sollevato l’ilarità di molti, la domanda oggi è più che mai lecita: meglio un uovo o un pollo arrosto?

Qualche mese fa venne detto che fare il vaccino all’80% non equivaleva a tornare come prima, che non bastava riaccendere la luce. Pochi, però, sembrano aver ascoltato: quando ne usciremo e riusciremo ad accendere questa ambita luce, potremmo infatti accorgerci che nella stanza tutto è cambiato. E mentre noi eravamo impegnati a tappar buchi sempre più grandi, qualcuno si era divertito a cambiarci l’arredamento non solo di casa, ma anche del giardino. In poche parole: la nostra comfort zone non esisterà più.
Insomma, chiedere ristori senza pensare che sia il momento di cambiare, è come cercare di affrontare l’acqua alta con un cucchiaino da caffè in mano.

La tanto invocata transizione verso la sostenibilità non è solamente una questione ecologica (compriamo l’auto elettrica, mettiamo il fotovoltaico, recuperiamo le capsule del caffè...), sostenibilità è in primis una forma mentale. Un’attitudine che ci deve portare ad adottare comportamenti adeguati all’effettiva disponibilità di qualsiasi risorsa. Non possiamo diventare “ecologici” o “ambientalmente rispettosi” a scapito di altri che facciamo finta di non conoscere.

Alla fine, una cosa è certa: la storia ci insegna che la nostra specie ha una capacità adattiva ed una creatività di tutto rispetto. Qualità che, appunto con l’uomo sapiens, sono giunte a condizionarne profondamente anche l’evoluzione.
Lo abbiamo visto in questi mesi: siamo riusciti a sviluppare vaccini di tipo genetico impensabili sino a qualche decade fa, abbiamo sostituito i Jet Lear, i Falcon o 777 con Meets e Teams, permettendo a tutto il mondo delle professioni, della finanza e della politica di continuare ad operare. Non è forse questo il principio di una transizione?

L’impegno deve essere quindi di tutti…di tutti gli abitanti del pollaio!
Infatti, quando arriva la cannonata sbagliata (molto raramente per fortuna….), non fa molta differenza, che tu sia uovo, pollo o gallina.

Allora, in questo numero della nostra newsletter, inseriamo: una farina che pensa alla salute di una delle componenti più fragili della comunità, i nostri mastri panificatori che continuano a sfornare eccellenze, le epidemie generate (almeno stavolta) non dal Covid ma dagli alimenti e infine il nostro consueto caffè virtuale con le imprese agrifood virtuose del territorio che hanno saputo adattarsi e sfruttare gli strumenti del web per aumentare le proprie vendite.
Newsletter 24

Newsletter n.23: Santul biel

Abbiamo scritto a fine anno di come stessimo pericolosamente ballando sull’orlo del precipizio, ma gli avvenimenti di questi giorni ci fanno capire come nei mesi passati questa abilità sia stata particolarmente sviluppata. Nella situazione assurda che stiamo vivendo le prospettive di rinascita nel nostro paese sono oggi molto incerte.
L’italiano medio, aduso al mercato rionale settimanale, sarebbe tentato di intravvedervi una qualche “normalità”, se non fosse per il conto quotidiano dei morti, il ritardo dei vaccini, l’arcobaleno di colori, gli errori nelle email con i numeri, la cassa integrazione, le case di riposo che si svuotano….(aggiornate voi la lista).
Nel momento in cui scriviamo (è obbligo dirlo) il piglio corrucciato del capo dello stato ci fa capire sia la gravità della situazione, sia l’evidente crollo di un sistema incapace di sviluppare una visione strategica per il paese poiché impegnato a guardarsi l’ombelico. Ultima speranza: il nostro santul Mario!
 
E allora cosa fare nel nostro quotidiano? Quello che abbiamo sempre fatto, scommettere in primis sulle nostre forze, sulla capacità e sulla tenacia delle nostre imprese e dei nostri agricoltori, imprenditori, ristoratori, commercianti e consumatori. Insomma credere e supportare la resilienza (oggi così si dice) di un sistema agroalimentare che non è più solo l’indispensabile scheletro di un paese che vuole rialzare la testa, ma ne sta diventando la bandiera. L’evoluzione cui il sistema agroalimentare nazionale e locale sta andando incontro in pochi mesi oggi parla di digitale, di filiera corta e autosufficienza, di sostenibilità innata nel legame con la terra e con la gente: cose uniche che tutti, ma proprio tutti, ci hanno sempre invidiato e oggi si possono trasformare in un valore concreto.
 
Da qui partiamo e allora in questa uscita parliamo dei sogni di un Libro delle idee di una giovane ragazza capace di scommettere sulla montagna, di un marchio interamente digitale che sta velocemente aumentando i suoi volumi, delle nuove tendenze in termini di sostenibilità che per la parte ambientale passano dal packaging. Così Ismea ci dà una visione del sentiment del consumatore attento alla sostenibilità e della reale percezione di questo termine quasi abusato. In linea con questo ragionamento vi aspettiamo tutti all’iniziativa di AnimaImpresa sulla sostenibilità in collaborazione con il Salone della CSR.
In ultimo (ma in risalto perché è giusto anche sorridere e “pensare positivo”) mai dubitare della fantasia dei nostri imprenditori…dopo l’arnia, la pecora, la forma di formaggio, ecco il vitello! Speriamo solo che dopo “Jesi batiaat” il figlioccio non chieda di passare le vacanze a casa del “santul”…opzione forse sostenibile, ma non priva di inconvenienti!

Buona lettura!
Newsletter 23

Newsletter n.22: Il bilancio del 2020 - l'enigmistica di un anno impossibile

Siamo già alla newsletter n°22: è passato un anno da quando abbiamo accolto la sfida di parlare di agroalimentare in Friuli Venezia Giulia in un modo un po’ diverso. È passato anche poco meno di un anno da quando pensavamo che il virus fosse una questione solo dei cinesi.

Mai tante cose son cambiate in così poco tempo, in un mondo che all’improvviso è diventato insieme sia piccolo che grande, sia affollato che solo, sia certo che incerto. Siamo passati dalla globalizzazione alla regionalizzazione di un sistema che, da mondiale, sembra sempre più confederale. Come dicono i giornalisti più famosi: abbiamo assistito in dodici mesi ad un nuovo tutto ed anche al suo esatto contrario.

E allora nel nostro settore quali sono le parole che troviamo sul taccuino di un anno che difficilmente sarà dimenticato?

La prima parola che abbiamo segnato è SILENZIO.
Il silenzio delle voci delle persone che non ce l’hanno fatta, quello dei loro familiari, quello delle vie vuote dopo le 22:00, che mai si erano viste dal dopo guerra. Il silenzio che riporta la natura sulla porta di casa nostra, a riprendersi spazi e luoghi ormai antropizzati, dalla montagna alla pianura, dalla laguna alle periferie dei capoluoghi. Un silenzio per molti carico di angoscia, per altri un momento per pensare fuori dagli schemi, andando oltre il chiacchiericcio. L'assenza di rumore che ha caratterizzato questi lockdown, durante i quali la gente ha avuto più tempo per stare a casa e pensare, pensare in modo etico, cominciando a capire che le proprie scelte hanno un impatto sul mondo in cui tutti viviamo.

La seconda parola sottolineata sicuramente è LUCE.
La luce di giornate senza nuvole e, per la prima volta dopo molti anni, senza grigiore. Sprazzi in cui vedere un trattore intento alla cura della campagna suscita attenzione, un interesse rinnovato dalla consapevolezza di sapere cosa voglia dire lo scaffale del supermercato vuoto. La luce di stelle che mai avevano brillato così tanto, ad illuminare non i sogni, ma le speranze di notti insonni. Notti che per molti finivano albeggiando, in coda al forno del paese, immersi in un profumo d’altri tempi che mai avevamo avuto il tempo di assaporare, capendone il valore fatto di lavoro e fatica, di fame e solidarietà.

Un'altra parola sicuramente è tuttora CIBO.
Cibo come frutto del lavoro nei nostri campi e nelle nostre imprese, capaci di darci prodotti unici, utili al nostro corpo ma anche alla nostra mente. Cibo come occasione per imparare e per approfondire, per avere uno sguardo diverso sulle cose. Per capire che un programma europeo che va “dalla forchetta alla tavola” basato sulla scommessa del 25% in biologico non è un manifesto autarchico, ma una ragionata prospettiva per il nostro futuro. Un percorso dove parlare di sostenibilità della produzione non vuol dire credere nella decrescita felice, ma garantire un futuro più certo ai nostri figli.

La parola di cui da tempo non usavamo tutte le accezioni è MANO.
Non possiamo più darci la mano, ma possiamo darci una mano. Non possiamo toccarci senza mascherina, gel e guanti, ma sicuramente possiamo essere solidali tra di noi. Certamente, il sentirci improvvisamente così piccoli ci ha fatto capire che tante cose possono essere fatte in modo diverso, magari trovando soluzioni non più utilitaristiche, ma utili alla comunità di cui siamo ritornati ad essere parte. Così consegnare i pasti e la spesa non è stato un diverso modo di fare Business, ma un semplice gesto per aiutare chi era chiuso in casa, mentre ordinare on-line era il modo per aiutare chi rischiava di chiudere. Essere attenti a chi ci tende la mano cercando aiuto è stato per molti riscoprire un senso di appartenenza ad una comunità dove sfamare chi ha meno non è più un vanto, ma una scelta etica.

E per finire l’AQUILA.
Non solo l’aquila che è tornata a volare sulle nostre montagne, ma anche l’aquila oro e blu del marchio IO SONO FVG, su cui una piccola Regione sta scommettendo, cercando di ritrovare una nuova unità, oltre alle divisioni ormai solo filosofiche. Un’aquila che sta guardando all’orizzonte con giusto interesse, visto che il cambiamento nel modo di lavorare, consumare e produrre fa della casa, e non più della città, il punto focale della nostra vita. Questo ci permette oggi di pensare a delle comunità locali, intelligenti e organizzate: ambiziosa chiave di un futuro non solo sostenibile, ma anche più a misura d’uomo. 

Auguri per un anno migliore, auguri per un futuro normalmente diverso.
 

Newsletter n.21: Giorni strani di un anno incasinato

Giorni strani di un anno in cui dire di essere positivi, ti guardano male!
Abbiamo passato i giorni del ringraziamento e, correndo a testa bassa, ci avviciniamo all'anno che verrà. La speranza è quella che il pignarûl non sia più divinatorio, ma piuttosto purificatore e ci porti nell'anno nuovo speranze concrete.
 
Ci troveremo a ricostruire quanto in questi mesi di paura ed incertezze abbiamo chiuso, smantellato e sospeso. Un futuro che tutti a parole dicono "diverso" dal passato, quasi a voler dimenticare le facce sconosciute e silenziose di chi non c'è più, negando la nostra umana fragilità.
 
Avremo un vaccino innovativo, un presidente USA fresco di elezioni, un piano di rinascita, tanti altri cambiamenti... Insomma, una vita inedita, di cui dovremmo essere contenti e grati. Ma la domanda è: saremo davvero in grado di essere "diversi" e pensare con una testa "nuova"? Questa è la vera sfida che coinvolge nel nostro piccolo ciascuno di noi.
 
E allora, nella newsletter che precede il rito del bilancio 2020, cerchiamo di essere positivi, con un messaggio concreto.
 
Ecco quindi i primi prodotti con il nostro (regionale) bollino blu, il pane che parla di un territorio (il nostro), l'analisi (da non perdere) della componente base della nostra economia regionale: l'impresa familiare.
 
Buona lettura.

Newsletter n.20: Pan discôlç…ballando sull’orlo del precipizio

Tanto abbiamo fatto, che alla fine sull’orlo del precipizio ci siamo tornati.
Durante il primo lockdown il settore agroalimentare ha visto in pochi giorni trasformarsi il mercato di riferimento e si è reinventato faticosamente nuovi modelli operativi, entrando di fatto per primo nella cosiddetta new-normality. Dopo questa prova, il comparto non si meritava (e forse non si aspettava) i momenti di angoscia che stiamo vivendo in questi giorni.

Purtroppo, però, la foga del “recuperare” ad ogni costo ci ha fatto perdere di vista la meta, facendoci scivolare rapidamente in una deriva che solo oggi ci mostra la vera faccia del nemico. L’avversario sicuramente non è l’istituzione, ma un entità tanto minuscola (da essere addirittura negata) quanto micidiale, che sta provocando ormai morti e danni quanto una guerra.
Eppure chiunque abbia delle minime conoscenze sulla materia biologica e sui microrganismi ben sa che la crescita esponenziale è un fenomeno che nella sua perfidia non dà scampo. Quello che ieri sembrava “poco”, oggi è divenuto “tanto”, domani sarà una valanga inarrestabile.
Questo lo sapevamo, ma ce lo siamo dimenticati.

In questi giorni di sterili ed indicibili discussioni, nelle quali non emerge nessuna proposta di soluzione ma, al contrario, a qualunque cosa (anche la più assurda) viene dato fiato, mi è balzato agli occhi un paragone molto agricolo: quello della formica e della cicala.
Allora in un mondo di cicale, legate al valore effimero di un economia spesso di carta, è proprio il nostro settore, quello agricolo ed alimentare, con la sua esigenza di rispondere al più basilare dei bisogni umani, che ci può far tenere i piedi per terra ed avere una visione meno pessimistica del futuro.

Noi infatti sappiamo bene che la natura, madre e matrigna, procede per cicli, dove il rinnovamento dei sistemi biologici e la loro evoluzione sono costantemente periodici.
Non ci resta quindi che rimboccarci le maniche e crederci...crederci tutti insieme.
Io Sono Friuli Venezia Giulia!

Newsletter n.19: Friuli vs. Venezia Giulia...questione di semantica?

Per ataviche divisioni geografiche, culturali o politiche, quando ragioniamo sulla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, molto spesso siamo portati a sostituire il concetto di "Regione" con quello di "territorio".
E' così che si scade alle indicazioni generiche di "Friuli", "Venezia Giulia", "Isonzo", "destra o sinistra Tagliamento"…e così via.

Se questa distinzione può avere un senso di tipo geografico, per permettere di individuare rapidamente delle precise caratteristiche del territorio, ne ha meno dal punto di vista economico o di mercato.
Se analizziamo e confrontiamo il mercato agroalimentare della nostra regione con il resto del Bel Paese, ci rendiamo conto di come questa nostra compartimentazione mentale abbia oggettivamente poco senso e sia ormai limitante.
I numeri del Friuli Venezia Giulia tutto insieme non riescono neanche ad avvicinarsi ai valori di una singola metropoli (città, non regione!) italiana quale Milano o Roma. 

A prova di questo viene riportata una tabella (elaborazione dati ISTAT 2020), il cui commento lascio a ciascun attento lettore, richiamando tutti ad un accorto uso della toponomastica.

Solo l'essere uniti ci permetterà, da piccoli quali siamo, di non diventare insignificanti. 

#iosonoFVG

Newsletter n.18

"La società nel suo complesso non può accettare un mondo senza speranza; ma deve, raccolte tutte le proprie energie, e ritrovato un comune sentire, cercare la strada della ricostruzione."

Newsletter n.17: Noi siamo Friuli Venezia Giulia

Scrivere il connecting dots di questa settimana sembrerebbe una cosa molto facile e scontata: le notizie che riportiamo sembrano allinearsi in una quadratura astrale quasi perfetta. Un nuovo marchio (non in più, ma quello che mancava), nuove filiere, valorizzazione dei prodotti territoriali e giovani imprenditori. Editoriale scontato? Non proprio così...

"Io sono Friuli Venezia Giulia" non è solo una bel progetto, ma la proposta di un impegno forte e preciso, sia per AgrifoodFVG, che per il territorio regionale. L’impegno è quello di riuscire ad andare oltre il singolo protagonismo scommettendo, per una volta, su un identità forte e condivisa di una Regione. Una regione intera, “dai monti al mare”, che si identifica in un'aquila, simbolo di forza e fierezza, e che sa trasferire questo sentimento nel proprio saper fare (imprese) e nei propri frutti (prodotti e servizi).

Una scommessa non da poco per una piccola regione sempre divisa in territori ancor più piccoli.
Ed ecco allora il “marchio che mancava” a sollecitare una rinnovata identità condivisa, strumento forte per una scommessa di rilancio oltre la crisi Covid-19.
Non vorremmo sentirci dire che i Friulani (e Venezia-Giuliani) sono uniti nell’emergenza e poi “fasin di besoi”.
I tempi sono cambiati, speriamo anche le persone, anche se tutte le polemiche gratuite cui stiamo assistendo in questi giorni da parte di sedicenti friulani sembra abbiano poco a che fare con i principi di cui si dichiarano custodi.

 

Newsletter n.16: Looking forward to RIS3FVG 3.0


Innovare è sinonimo di cambiare, che significa compiere delle scelte cercando di indirizzare il proprio futuro verso degli obiettivi.
Scegliere o affidarsi al fato? Da sempre è uno dei dilemmi che turba l’animo umano, sviluppato da scuole di pensiero tanto antiche, quanto moderne. In realtà, il decidere di non compiere delle scelte per modificare la propria prospettiva è anch'esso una scelta o, per dirla in modo moderno, una strategia

In questi mesi COVID sono state fatte delle scelte senza precedenti per il nostro paese, di cui percepiamo i frutti in questi giorni. Altre strategie inedite dovranno essere adottate nelle prossime settimane, fenomeno che sta dando origine a diatribe mediatiche spesso poco focalizzate sugli esiti, quanto più basate su rendita di posizioni politiche. Soprattutto i prossimi 18 mesi ci porranno di fronte ad uno snodo molto importante sia per il nostro paese, sia per la nostra regione.

Il normale “vuoto” tra un ciclo di programmazione comunitaria e l’altro è stato sostanzialmente annullato dall'esigenza di interventi. Nella pratica, quindi, i cicli di programmazione non solo saranno continui, ma praticamente sovrapposti. Le scelte di strategia che dovranno essere fatte per i prossimi sette anni (e i relativi fondi di investimento) rischiano così di essere condizionate sia da un fattore di “continuità”, sia dalla crisi portata dal Coronavirus.
Non per niente si parla di iceberg.

Nella figura abbiamo riportato uno schema che ci fa capire quale sia la dimensionalità e la conseguente confidenza connessa all’innovazione di qualunque sistema.
Il riquadro (A) indica l’investimento in innovazione che si basa su processi nuovi per sviluppare prodotti nuovi è sicuramente una delle opzioni di scelta più difficili da analizzare e da prendere. Infatti, non esistono elementi certi per ridurre le variabili.
Sicuramente l’investimento in prodotti o progetti “vecchi” che sfruttano processi e competenze noti (riquadro C) permette una migliore valutazione d’impatto. In questa condizione, però, perderanno il vantaggio competitivo che sicuramente la prima opzione ci offre. 
Le due opzioni intermedie (B + D), normalmente le più utilizzate, permettono una sostanziale riduzione delle incognite a vantaggio di una maggior confidenza. E’ però altrettanto chiaro che scendere dal dominio A a quello C comporta una consistente riduzione d’impatto dell’innovazione.

A questo schema semplificato possono poi essere aggiunti altri driver che tendono condizionare le scelte indipendentemente dal loro impegno tecnico. Parliamo di burocrazia, ambiente di sviluppo, sostenibilità aziendale e condizioni ambientali. (Figura a dx)
Insomma, il percorso di analisi di scenario e scelta (processo di scoperta industriale) che insieme al territorio affronteremo durante quest’estate nella revisione della Strategia di Sviluppo Intelligente (Smart Specialization Strategy - S3) sarà piuttosto complesso e richiederà il contributo di tutti per far in modo che le sfide divengano opportunità. Allo stesso modo le condizioni ambientali a contorno, sebbene drammatiche, debbono rimanere nella categoria degli incidenti senza trasformarsi in pietre d’inciampo della strada verso il futuro.

Così in questa e-news spazio a chi è artefice delle proprie scelte, fiero dei risultati raggiunti: l’esempio della PPL EcoQua, la spesa Sostenibile ed il contributo del BIO, un in bocca al lupo a Piva Enzo e alla giovane Eva, cambio generazionale che porta con sè un nuovo marchio e look; infine le novità del Movimento Turismo del Vino e le prospettive del settore Carni Suine.

Connecting dots…towards the future!
 

Newsletter n.15: La collaborazione che sconfigge la burocrazia

Spesso la burocrazia viene individuata come uno dei peggiori mali dell’Italia. 
La crescita degli adempimenti e degli “azzecca garbugli” ha sicuramente contributo alla crescita di un nuovo settore economico ma, al tempo stesso, ha portato progressivamente a deprimere la spinta innovatrice di un’Italia sempre più zavorrata e in affanno. Ma è proprio così?
 
Quello che sicuramente è cresciuto negli ultimi anni in tutto il nostro paese è la competizione tra tutto e tutti. Si è affermata in tutti i settori, perché vista come l’unico rimedio al qualunquismo ed alla mediocrità di una storica fucina di talenti unici ma inespressi. Ma è proprio così?
 
L’Italia, piena di potenzialità e capacità, ha un sistema scolastico che tutti ci invidiano, un brand unico che molti ci copiano e che noi difficilmente proteggiamo. Un modello che tanti altri paesi, brutti e cattivi, depredano e sfruttano. Ma è proprio così?
 
Per rispondere a queste domande fino a pochi mesi fa sarebbe servito chiedere ospitalità sulla Stazione Spaziale Internazionale per un tempo sufficiente a perdere la prospettiva, oltre che la gravità. In questo senso, il mostro invisibile arrivato alcuni mesi fa forse, in fondo, ci ha aiutato, costituendosi come un’inaspettata sonda in un’indagine inedita e, fino ad ora, intentata.
 
La strizza (termine poco tecnico ma estremamente chiaro) ha portato molte persone a rivalutare ciò che gli mancava nella loro singolarità: la comunità, il senso di appartenenza. Una solitudine senza precedenti ci ha fatto capire il valore della collaborazione e della mutualità.
 
Molti si sono trovati a “darsi una mano” in modo inaspettato e quindi del tutto improvvisato. Questo riuscendo ad andare oltre un sistema che, improvvisamente, si era inciampato e spento. Siamo riusciti, rispettando regole inedite e pesantissime, non solo a sopravvivere, ma a trovare nuovi spazi e dimensioni per il business. Elementi che per anni non avevamo visto, considerato o che avevamo reputato irraggiungibili.
 
E la scuola, la formazione, l’eccellenza che tutti ci invidiano? Beh la sonda ci ha fatto vedere il lato oscuro della forza (direbbe Lucas). Una scuola che non pensa ai contenuti ed ai suoi ragazzi, quanto piuttosto a se stessa, alla sua vita avulsa dalla realtà, alla sua scarsa capacità organizzativa, dove l’innovazione e l’efficienza si basano sulla buona volontà.
Forse sta proprio qui il seme della singolarità, della falsa competizione per meriti, della ridotta capacità di collaborare e del decadente senso di comunità e del bene comune…
 
E quindi la burocrazia? Abbiamo compreso con maggiore chiarezza che non è indispensabile, quanto piuttosto un gadget efficace per risolvere situazioni scomode, un’utile scusa sfruttata dai figli di un sistema formativo “troppo eccellente” che considerano la comunità e la collaborazione una fatica non giustificata.

Quando alla TV sentiamo la Fornero dire alla Gruber che quella di questi giorni è un’occasione unica ed irripetibile per una ripartenza, possiamo anche essere d’accordo (nonostante quanto sopra detto), ma auspichiamo che questa chance non vada sprecata e venga ricondotta ai migliori binari comuni.
 
Allora in questo numero lasciamo spazio ad una serie di punti connessi dalla volontà di collaborare tra imprese che scommettono sul senso di comunità, oltre ogni ostacolo. Una collaborazione semplice ma efficace, senza burocrazia e con tanta disponibilità a condividere il business per il bene comune. 
 
Grazie Adelia per averci spiegato il tuo mondo!
Grande Emanuele che fai rinascere la tua cucina in una nuova dimensione ancora più locale!

 

Newsletter n.14: L’Orcolat che torna da lontano

Per chi c’era quella notte di maggio del 1976 rimane scolpita nella parte onirica della memoria. I suoi numeri però furono estremamente crudi e reali:
  • 77 comuni colpiti per circa 80.000 abitanti
  • quasi 1000 morti
  • 45.000 senza tetto.
     
Li abbiamo ricordati per anni con l’orgoglio di chi ne è uscito a testa alta diventando, spesso, un esempio scomodo.
Il Friuli ringrazia e non dimentica …” abbiamo detto ed abbiamo fatto, aiutando chi, in Italia e nel mondo, ebbe la stessa sfortuna.

In questo mese di maggio 2020, dopo 44 anni, pochi se ne sono ricordati. Pochi sono stati i riscontri di stampa e le manifestazioni…il Coronavirus, figlio illegittimo di una globalizzazione improvvisamente diventata scomoda, si è "mangiato" tutto.

Ad oggi in Friuli-Venezia Giulia si contano:
  • 3150 infetti (su un totale nazionale di circa 221.000) 
  • 313 morti (su quasi 31.000) 
Questi sono i numeri, non paragonabili a quelli del ‘76, ma che sembrano essere destinati a piegare la nostra economia e la nostra comunità locale. Non tanto per le loro dimensioni, quanto piuttosto per le conseguenze indotte. Piangiamo così forte da non sentire il rumore dell’Orcolat che quella sera si lavo la faccia nel Tagliamento. E la mattina dopo, in un caldo maggio, molti si chiesero “...e cumò?”. Rispondendo poi: “prima le fabbriche, poi le case e poi le chiese”.

Come allora, oggi sarebbe utile che ci ponessimo la stessa domanda, dandoci tutti insieme la stessa risposta. Con la nostra nota pratica, la fattiva razionalità che da sempre contraddistingue le nostre genti, con l'orgoglio e la fierezza di chi ha già dimostrato che un popolo unito ce la può fare. Il Friuli Venezia Giulia oggi, quindi, può ringraziare tutti i cittadini che, in quest’emergenza, hanno dato il meglio di loro stessi e non deve dimenticare ciò che ha fatto 40 anni fa.
 
E allora in questa e-news spazio alle imprese regionali che propongono soluzioni operative anti-Covid, alle imprese che credono ed investono sull’identità locale come la Latteria di Ovaro, all’iniziativa di PromoTurismoFVG del brindisi planetario e le nuove linee guida Inail a confronto con quelle dei nostri vicini austriaci!

Newsletter n.13: Parola d'ordine "Sicurezza"

Unconnecting dots?

Ci siamo lasciati nell' ultimo numero con un chiaro punto di vista : la necessità di sviluppare una strategia di sopravvivenza al virus.
Lo sviluppo di una strategia richiede una lucida visione del problema e del contesto, nonché una chiara valutazione delle azioni da intraprendere e delle possibili conseguenze a parità di risultati raggiunti. Ciò, a maggior ragione, quando si discute della salute e del futuro delle nuove e vecchie generazioni.

In questi giorni però abbiamo assistito ad una vorticosa evoluzione delle informazioni di contesto, che hanno finito per fare perdere di vista gli obbiettivi dell'azione. E' evidente che operare in modo razionale in questa situazione diviene difficile. Esempi di oltre alpe dimostrano che le ciambelle non sempre hanno il buco.

Il coraggio dimostrato dall'intero paese nelle settimane scorse è stato l'evidente dimostrazione della sua seria volontà di reagire in modo utile e composto. Il settore agroalimentare in questo ha avuto il compito non solo di dare sicurezza agli italiani, ma anche di riorganizzarsi velocemente dimostrando la reale possibilità di applicare strategie di resilienza nei giorni più cupi della storia recente.
Al tempo stesso il sistema sanitario nazionale, seppur preso alla sprovvista, è stato in grado di percorrere un sentiero stretto ma senza capitolare in nessuna delle sue specialità, dimostrando versatilità e competenza.
 
E allora perché proprio ora cedere alla facile entropia delle opinioni, rinunciando a connettere razionalmente competenza e conoscenza in un'utile strategia?
Sicurezza, abbiamo detto, e sicurezza sia...

Newsletter n.12: ...E compromesso sia!

Un nuovo equilibrio per il futuro. Parola d'ordine: "SICUREZZA"

Senza dimenticarci dei volti di chi combatte e di chi ha perso la lotta contro il "mostro virale", cerchiamo di affrontare in modo schietto l’argomento “Coronavirus”. Lo facciamo, guardandolo da una prospettiva “agroalimentare”, diversa dalle altre avendo subito il lock-down senza blocco delle attività, se non per alcuni tratti della propria filiera HORECA. Dopo due mesi di guerra al virus sembra evidente che saremo destinati ad una convivenza forzata con il SARS2-COVID19. Di fatto, questo è già avvenuto per SARS1 e Ebola per cui, negli anni, è stata sviluppata una consolidata strategia di controllo e gestione dei focolai.

Partendo da questa convinzione, diverse sono le scuole di pensiero che hanno cominciato a partorire varie teorie su priorità, tempi, esigenze, danni reali e presunti. Contemporaneamente, attraverso il “burocraticamente italiano” codice ATECO, molte attività sono lentamente ripartite. Da qui l’ovvia constatazione di alcune regioni del nord-est: prima impariamo ed applichiamo in modo conscio le giuste regole di convivenza, prima mettiamo in sicurezza il sistema.

Un Marco Travaglio (direttore del Fatto Quotidiano) che porta in diretta TV ad esempio il Presidente Zaia per la sua capacità operativa nella gestione dell’emergenza ci fa capire che forse siamo di fronte ad un cambiamento dagli aspetti storici.

E quindi che compromesso sia…
Dobbiamo ora essere artefici di un futuro diverso, un futuro più sostenibile basato su un nuovo equilibrio tra lavoratori e consumatori, tra sistemi di distribuzione e ristorazione, tra aree rurali e cittadine, tra resilienza e finanza, tra strategia ed azzardo.

Proviamo ora a connettere i punti di questo compromesso:
  • Sicurezza dei lavoratori impegnati lungo la filiera agroalimentare nella gestione del pericolo, ma anche nella ridistribuzione del valore del proprio lavoro come stimolo al miglioramento costante;
  • Sicurezza del consumatore sulla qualità, sulla disponibilità e sul valore degli alimenti a lui offerti;
  • Sicurezza su un corretto bilanciamento tra una GDO capace di evolversi ed alleggerirsi con nuove formule operative improntate alla sostenibilità ed una HORECA che dovrà ripensare il proprio ruolo e la propria immagine, oltre che rivedere la propria operatività;
  • Sicurezza nella revisione del ruolo delle aree rurali rispetto a quelle urbane, basata sul riconoscimento reciproco tra questi due mondi, che per troppo tempo hanno orbitato attorno a soli diversi, ma che ora hanno imparato quanto sia profonda e strategica la loro interdipendenza. Ciò porterebbe idealmente alla configurazione di un’economia più locale, dalle filiere più corte ma contempo più sicure e resilienti;
  • Sicurezza nella solidità di settori che abbiamo capito essere strategici quali la sanità e l’agroalimentare, i quali debbono avere pesi economici e finanziari diversi ma, ciascuno per la propria parte, devono essere in grado di garantire il futuro del nostro paese.
  • Sicurezza della presenza di una strategia di sviluppo nazionale che non possa essere messa in discussione da azzardi speculativi o particolarismi locali cui, purtroppo, abbiamo assistito negli ultimi anni.

Quindi, se dobbiamo sintetizzare quale sia l’elemento che connette questi punti, lo ritroviamo in una parola assai cara al settore agroalimentare italiano: sicurezza. Non dobbiamo giudicare se si tratterà di un compromesso al ribasso o al rialzo, quanto piuttosto essere ragionevolmente certi che si tratti di una strategia capace di assicurarci un futuro migliore.

Connecting dots...of a safer future!
 

Newsletter n.11: I lego post-Coronavirus

Io compro FVG: Il territorio rurale si sveglia e diviene il protagonista di una azione rivoluzionaria

Quando abbiamo cominciato a sentire parlare di “COVID-19”, nessuno aveva idea della tempesta che si sarebbe abbattuta sul nostro paese (per poi allargarsi al resto d’Europa e del mondo). Non avremmo mai immaginato che ciò avrebbe portato al blocco progressivo delle attività ormai noto come “Lock-down”.

Solo a febbraio nella NEWSLETTER N.8 parlavamo di “Viral disconnetting”, con il quale si iniziava a mettere in discussione il senso di filiere lunghe basate sul “Just-in-time” e sulla logistica ad ampio raggio, le quali cominciavano a scricchiolare per vari fattori in Estremo Oriente e facevano sentire i primi effetti nella nostra economia. Allora l’incipit che proponevo era: “Disconnettersi per una maggiore connessione”, per un “futuro non solo più sostenibile, ma anche più rispettoso dei valori economici e sociali dei territori.”

Ora, a quasi due mesi da quell’editoriale, abbiamo lanciato la campagna #iocomproFVG proprio per quei territori che vogliamo salvaguardare: i nostri. L’iniziativa non solo ha dato ossigeno a tante realtà locali, ma ha anche dimostrato quali siano le energie e le capacità presenti sul territorio regionale e di come queste possano essere messe a sistema. I numeri della viralità in 10 giorni sono impressionanti: oltre 70.000 persone sono state raggiunte dai nostri contenuti, diverse migliaia le condivisioni sui social, decine i testimonials che hanno abbracciato la causa.

Da qui vogliamo partire per fare il punto e cercare di delineare il futuro dell’agroalimentare, analisi che deve fare i conti con la nostra dipendenza dall'esterno:
  • A livello europeo: ancora prima dello scoppio della pandemia, eravamo già consci che l’UE utilizzava più del 50% risorse agricole esterne per sfamare i suoi abitanti, fatto emerso con ulteriore chiarezza attraverso il lock-down e la conseguente crisi logistica e distributiva.
  • In Italia: tutti i report disponibili pre-Coronavirus denunciavano la sostanziale dipendenza del nostro sistema agroalimentare dall’estero per il reperimento delle materie prime e alcuni prodotti finiti. Questo dato dipende dalle diverse filiere alimentari e varia dal 70 % al 10 % ma non arriva mai allo 0. Anche il nostro sistema agricolo è fortemente dipendente dall’estero: per i mezzi tecnici (le materie prime utilizzate dal settore agricolo per coltivare ed allevare), le attrezzature e i principi chimici utilizzati per la preparazione di fitofarmaci.
Dobbiamo pertanto essere in grado di smontare il colossale “LEGO” costruito fino ad ora e creare, con gli stessi mattoncini, una nuova figura. La sfida è quella di sistemare le tessere in modo da non avere buchi che pregiudichino la tenuta della rinnovata struttura. In concreto, significa che saremo chiamati a riorganizzare le filiere produttive accorciandole, riportandole in Italia e, ove possibile, ricollocando energie produttive verso il settore primario e della trasformazione. Nel fare questo, bisognerà scommettere sui giovani. La metafora del lego è quanto mai azzeccata in questo aspetto, perché è proprio la loro mente libera da preconcetti che può riuscire a sviluppare quegli incastri che, ad altri, possono sembrare impossibili.

Se spostiamo questo ragionamento alla realtà quotidiana ci accorgiamo che questo processo è già in corso, che il sistema si sta riarrangiando per trovare un nuovo equilibrio. Ci sono bastati pochi giorni di blocco delle attività per avere “un po’ più di tempo libero”, cosa che ci ha permesso di rispolverare gli insegnamenti della mamma/nonna su come prepararci un pasto in casa, senza ricorrere al ristorante o ai cibi precotti. Abbiamo anche reagito alle misure restrittive con piattaforme locali di vendita e consegna a domicilio, capaci di sostituirsi ai sempre più pervasivi centri commerciali.

La vicenda COVID-19, quindi, non è solo una sfida per il futuro, quanto un’opportunità di evoluzione e crescita del nostro sistema produttivo verso un nuovo equilibrio realmente sostenibile. Avremo i prossimi mesi per capire come riorganizzare ragionevolmente il settore agroalimentare che, in questa crisi, ha dimostrato sia la sua strategicità, che la sua resilienza. L’obiettivo è quello di renderlo ancora più stabile e adattarlo alle nuove esigenze di vita che ora emergeranno. Siamo sicuri che ce la faremo ma, visto che nulla sarà come prima, dobbiamo cogliere l’occasione per essere migliori, avendo il coraggio di ricombinare adeguatamente i nostri mattoncini.
 

NEWSLETTER N.9: #FVGnonsiferma

Sicuramente non è giusto paragonare il danno economico a quello sociale quando si contano persone ammalate e pure morte. Non possiamo, però, dipingere accadimenti umani come tragedie e disastri biblici. L’irrazionale reazione al diffondersi dell’epidemia di Coronavirus dimostrata dall’economia (tanto globale, quanto fragile) va riportata nella corretta proporzione. In questi casi bisogna essere capaci di mantenere un senso della misura, senza innescare spirali catastrofiste che i media ed i social poi tendono ad amplificare ulteriormente.
Quanto accaduto ci deve fare pensare su come la comunicazione e l'informazione siano due elementi strategici che riescono a modificare la percezione delle cose.
 
Infatti, in poche ore, il made-in-Italy si è trasformato da vanto a elemento discriminante, l'essere italiano lo converte in untore manzoniano. Certo, gli errori ci sono stati: mascherine in diretta e immagini di posti di blocco in stile SWAT ne sono un esempio. 
E allora oggi cosa fare? Non di certo continuare a disegnare danni disastrosi basandoci sulle previsioni e continuare ad alimentare la spirale al ribasso. Nemmeno prevedere sistemi straordinari di igiene nella produzione alimentare quando è stato dichiarato che il virus non si trasmette attraverso gli alimenti. A questo gioco noi non intendiamo partecipare e preferiamo schierarci insieme a PromoTurismoFVG e al suo slogan anti-panico da Coronavirus: essere fieri del nostro territorio e dei nostri prodotti...aperti per vacanze!
 
E allora in questo numero spazio alle imprese di successo: il rilancio di Marianis che nasce dalla caparbietà di Fabienne, la fiducia di una giovane Elisa nella sua terra e la capacità di Carlo e Bepi di scommettere sull’essere forti insieme. È così che vogliamo difendere e pensare le nostre produzioni locali, proprio come le ha sempre viste anche Slowfood: frutto dell'unicità del nostro territorio e del sacrificio dei nostri produttori, che non si fermano. Alla richiesta di alimenti italiani certificati “virus-free”, noi rispondiamo rifiutando di essere "Brain-free".
 
Connecting dots di un Friuli Venezia Giulia che #nonsiferma e rimane…APERTO PER VACANZE!
 

NEWSLETTER N.8: Viral disconnetting

Disconnettersi per una maggiore connessione
 
Per anni abbiamo pensato che la globalizzazione fosse l’unica strategia possibile per affrontare la delocalizzazione produttiva. La forte connessione delle value-chains globali (e la conseguente ridistribuzione di valore) è ancora vista come unico strumento di crescita economica e parificazione sociale di nazioni e continenti troppo diversi tra loro. Di recente questa prospettiva ha cominciato a vacillare, per causa di diversi eventi:
 
1) L'epidemia di Peste Suina Africana che ha colpito gli allevamenti prima in Oriente, progredendo poi fino al cuore della UE. Ciò ha cominciato ad impattare sulla disponibilità di materia prima (suini) e sulla concorrenzialità degli accaparramenti. Il fenomeno ha attivato inevitabili fluttuazioni del prezzo delle carni sui mercati delle commodities. In un sistema sempre più interconnesso, la conseguente crisi ci ha sorpreso per la rapidità e la profondità dell'impatto generato.
 
2) Neanche finito di gustare il cotechino e lo zampone natalizio (merce sempre più rara...), abbiamo cominciato a preoccuparci per la minaccia di una pandemia virale umana. Il Corona Virus, muovendo i suoi primi passi dalla Cina, in pochi giorni si è diffuso in tutti i continenti. Il gigante asiatico, impegnato in un'operazione di contenimento biologico senza precedenti, si è immediatamente fermato facendo sentire gli effetti del suo stop a livello mondiale, mettendo in crisi molte unità produttive ormai sempre più legate alla logica short-term del Just in Time.
 
Allora qual è la lezione che stiamo imparando in questi giorni di dubbio ed attesa per l'individuazione di una terapia efficace a bloccare i due outbreak? La lezione si chiama inevitabilmente Glocal: la capacità di riconnetterci con catene di valore locali, interallacciandole con quelle globali, rivalutate secondo l’etica della sostenibilità.
 
Il caso della carne di suino è esemplare in questo senso: si è riusciti a riscoprire le filiere produttive nazionali dopo tanti anni di sofferenza competitiva nella dimensione globale. Altrettanto potrebbe accadere su altre filiere dove, accanto alla connessione a livello mondiale, possono svilupparsi strategiche interconnessioni locali, anche tra filiere diverse.
 
Disconnettere per interconnettere ed interallacciare: questa è la sfida per un futuro non solo più sostenibilmente compatibile con il perimetro del nostro pianeta, ma anche più rispettoso dei valori economici e sociali dei suoi territori. 
 
Interlacing dots... getting a sharper picture
 

NEWSLETTER N.7: Integrazione e Interdisciplinarità per la sfida bioeconomica

La scorsa settimana è proseguito il percorso di connessione dei punti da parte della nostra regione nel settore agroalimentare e della Bioeconomia circolare. La Bioeconomia rappresenta la naturale evoluzione dell'attuale modello economico lineare che parte dalla terra e giunge, attraverso l'uso delle fonti fossili, ai prodotti alimentari.
Un sistema che però ora deve fare i conti con un numero crescente di abitanti e un numero finito di risorse, ed è perciò chiamato a rivedere i suoi cicli produttivi perché diventino non solo circolari, ma integrati l’un l’altro. In questa sfida per il futuro diviene fondamentale disporre di nuove conoscenze e competenze per fare lavoro di squadra.
Quindi dopo la presentazione del documento di posizionamento regionale sulla bioeconomia, la costituzione con piena operatività del gruppo di lavoro interdirezionale della regione e il corso di specializzazione per laureati dello scorso autunno, si è giunti ad un appuntamento dedicato alla scuola con la domanda: quali sono i percorsi formativi che la regione FVG deve ragionevolmente predisporre nel prossimo futuro per la formazione sulle competenze richieste dalla bioeconomia?
I risultati emersi dalla giornata di intenso lavoro dei portatori di interesse dell'industria, della ricerca e della pubblica amministrazione hanno confermato che i tecnici del futuro che dovranno affrontare e condurre la sfida bioeconomica avranno necessariamente competenze interdisciplinari, dovranno essere capaci non solo di trasferire conoscenze, ma di integrarle in proposte tecnologiche innovative anche attraverso percorsi di sperimentazione in campo.
Ancora una volta emerge chiara quindi l'esigenza di connettere realtà e capacità distanti tra loro in una nuova strategia integrata di approccio ai problemi. “Niente di nuovo…” potrebbe pensare qualcuno, se non fosse che le lancette girano, il tempo passa ed il pianeta Terra risulta sempre più stretto ed affollato...
 
...getting the picture...
 

NEWSLETTER N.6: Il Pignarûl e il suo fumo

Cosa ci aspetta nel 2020? Questa volta a connettere i punti lasciamo che sia la magia della danza delle "falischis" del Pignarûl dell'Epifania. In Friuli sono le faville con la loro danza e vita effimera a disegnare nel freddo cielo di gennaio una striscia onirica. Quest'ultima, nell'immaginario dei nostri avi come nel nostro di oggi, simboleggia il percorso verso il domani. La magia del Pignarûl da secoli ammalia e affascina le genti contadine e rurali della nostra terra, la cui fiamma calda non solo illumina le notti più lunghe e paurose dell'anno, ma è da sempre simbolo di speranza per l’annata agricola a venire.

Famiglie intere hanno guardato, ieri ed oggi, a quel fuoco rinnovatore con la caparbia volontà di sperare in un domani migliore ma, contemporaneamente, la sapienza popolare ci ricorda anche l'incognita sul futuro delle nuove generazioni. Da sempre accendendo quel fuoco ci si interroga se quel danzare di faville dirà di rimanere o di andare “a tor pal mont”. Nel 2020, più che mai: si sa che "an bisest, fur di sest"... 

Possiamo così immaginare lis falischis della sera dell’Epifania come l'insieme degli accadimenti passati e futuri che disegnano nel cielo la strada verso il domani della nostra regione. Quanto accaduto nello scorso anno non può essere considerato un ostacolo, ma piuttosto deve essere visto come utile insegnamento per un futuro per il quale c’è speranza. (Gli avvenimenti che hanno caratterizzato il 2019 commentati dal direttore nel nostro APPROFONDIMENTO.) Il fumo dei Pignarûi, spente lis falischis, si è diradato a fatica in un’alba fredda ma luminosa, che vedeva già i trattori impegnati nelle operazioni di aratura e di sovescio. Il naturale ciclo delle stagioni prosegue inesorabilmente ed indipendentemente dal volere umano e spinge quest’ultimo a proseguire nella sua opera con caparbietà, caratteristica che contraddistingue, oltre che gli agricoltori, anche gli operatori delle diverse imprese alimentari impegnate nella trasformazione, distribuzione e vendita dei prodotti. La loro capacità di non arrendersi può permettere al comparto agroalimentare regionale un futuro diverso da quello che i più danno per scontato. La speranza è quella di vedere un settore capace di stare al passo con il resto del mondo, non scommettendo troppo sulla sua statica unicità, quanto piuttosto sulla sua innata tenacia e umiltà.

…Cjape el sac e va a marcjat!

Il Bilancio 2019 secondo il Direttore

NEWSLETTER N.5: Tiriamo le somme

Prima newsletter di Natale: è tempo di bilancio.

La scommessa con questa e-news era quella di aprire una finestra sul comparto agroalimentare FVG e sulle varie filiere che lo compongono, facendo apprezzare a tutti la fatica ed il lavoro quotidiano di tanti operatori. Un giorno un allevatore ci ha detto: "Le vacche non scioperano mai, per noi le ferie non esistono". Altrettanto si può dire delle cimici che attaccano le mele o per l'irrigazione del mais: un esercito di persone e famiglie sempre all’opera. Volevamo che si apprezzasse il loro sforzo continuo, nei campi come nei laboratori dove le aziende producono e confezionano le loro specialità: una schiera di trasformatori che va dalle piccole PPL, fino alle grosse realtà industriali, tutte accumulate dalla stessa etica del fare bene e dalla ricerca di qualità.
 
Ci auguriamo che il nostro sforzo di dare un’immagine unitaria a queste realtà sia apprezzato e condiviso dai suoi operatori. Molti di questi li abbiamo incontrati ed ascoltati, alcuni sono stati coinvolti in percorsi di condivisione di strategie e prospettive, sfide e speranze. Nell’anno trascorso non sono mancati i momenti di tensione e discussione nell'analisi dei piccoli e grandi problemi, sui quali abbiamo lavorato assieme nell’elaborazione di proposte di soluzione. Tutto questo abbiamo fatto e continueremo a fare, rappresentando laicamente un settore produttivo di estremo valore per una piccola regione rurale quale il FVG.
 
Nell’anno che sta per iniziare, siamo confidenti di concretizzare alcuni progetti che seguiamo per il settore zootecnico, lattiero-caseario, cerealicolo, viticolo e ittico regionale, come importanti sono i percorsi che si stanno delineando per la Bioeconomia circolare rurale, in una logica ormai imprescindibile di sostenibilità economica, ambientale e sociale.
 
Quindi grazie a chi ci ha seguito con attenzione e a chi ci ha criticato spronandoci a fare meglio. Grazie al nostro consiglio di amministrazione ed al nostro instancabile presidente per la fiducia riposta. Una pacca sulle spalle a Caterina, Giovanna, Marta, Michela, Francesco e Fabrizio che sono la nostra struttura tecnica, nonché a Rossano e Sara che ci supportano per la comunicazione. Un altro anno è passato collegando punti, disegnando figure e reti sempre più complesse ed ambiziose.
 
Allora nell' ultimo numero dell'anno individuiamo i punti salienti del nostro futuro con una serie di camei: la sostenibilità sociale, lo stare insieme scommettendo sulla possibilità di essere più competitivi, il premio nella nicchia del segmento dei dolci da ricorrenza e la prestigiosa pubblicazione di una nuova collana di libri che celebra la specialità dei nostri territori.
 
Buone feste e buon anno a tutti!

 

NEWSLETTER N.4: Non piangere sul "Latte Versato"

Lo scorso lunedì 25 novembre su Rai3 è stata trasmessa l'inchiesta di Report intitolata "Latte versato" sul problema delle false quote latte e si è parlato della devastazione che ha portato nel sistema lattiero-caseario nazionale. All'indomani della messa in onda sarebbe facile e semplice giungere a roboanti conclusioni ma cercheremo invece di trarne un insegnamento.
I dati resi noti dimostrano che il flusso di latte estero (più o meno italianizzato) non solo c'era, ma è aumentato con lo spostamento dei confini ad est. Indubbiamente, all'Italia serve latte e quindi attività zootecnica ma oggi, come 100 anni fa, tale attività deve essere sostenibile (come abbiamo detto nella nostra newsletter numero 2). Se ci pensiamo bene, ciò offrirebbe non solo un lavoro alle nuove generazioni, ma consentirebbe anche quella manutenzione del territorio marginale e rurale che i disastri meteo di questi giorni portano a ritenere urgente.
Allora qual è il principale ostacolo?
Dal lavoro svolto negli scorsi mesi e dagli incontri con gli operatori emergono 2 esigenze: la garanzia di ridistribuzione del valore lungo la filiera e la necessità di ridurre i costi connessi alla gestione delle attività produttive primarie e secondarie.
Immaginare che il sistema distributivo, e non quello produttivo, oggi detenga la maggior parte del valore a causa di una evidente sovrastrutturazione commerciale ci deve portare a pensare a nuovi modelli. 
Disporre di un unico sistema dei controlli integrato flessibile e semplificato, capace non solo di garantire la sicurezza ma anche la genuinità e l'originalità delle produzioni non deve essere un utopia ma la realtà. 
 
Ecco quindi il filo conduttore di questa uscita, in cui si parlerà di:
  • Io FVG: una nuova realtà distributiva basata su una rete integrata di caseifici e di punti vendita che si affaccia in regione dimostrando che si può fare.
  • Il frico che sbarca oltremare conquistando paesi fino a ieri impensati dove la sua genuinità e la sua origine vengono apprezzati.
  • Il sistema sanitario regionale che si forma sul nuovo regolamento europeo, portando ad un'integrazione obbligatoria tra sistema dei controlli (10 soggetti e autorità operativi in FVG) e delle certificazioni.
  • Non potevamo dimenticare il nostro Corso Norcini che, dopo l'Argentina, sbarca anche in Sud Africa. Complimenti Mario e Francesco! 
  • In ultimo l'evento della prossima settimana a Colloredo di M.A., dove le imprese di trasformazione ripensano ai loro modelli di innovazione aziendale e, quindi, al loro futuro.
 
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NEWSLETTER N.3: San Martino all'epoca di "Ok Boomer"

Scrivere un editoriale nei giorni di San Martino per chi vive nell'agricoltura e nell'alimentare può portare a scivolare in facile retorica.
Così, guardando alle nostre spalle su quel sentiero a volte stretto, ripido, aspro e sconnesso che tutti percorriamo insieme, sull'unica terra (non più infinita) che ci è stata data, sarebbe semplice cercare delle discese o dei piani per cui dire grazie o, come va di moda, delle salite per recriminare. Oggi, invece, vorrei porre attenzione a chi pretende percorrere sentieri diversi, dimenticando di capire quale sia la strada che da sempre percorriamo insieme e di come corra su quella terra che alcuni si ostinano a lavorare per offrirne a tutti il frutto.

"Ok boomer": espressione spregiativa coniata oltreoceano dalla "generazione Z" di Greta, simboleggia il desiderio dei nati fra gli anni '90 e '00 di distinguersi dai loro predecessori (figli del boom economico, da cui il nome), scaricando su questi ultimi colpe e responsabilità.
Peccato che lo facciano usando gli smartphone ed indossando i jeans sul cui impatto ambientale non recriminano, sebbene siano il frutto di scelte che, giuste o sbagliate, prima si chiamavano "sviluppo". 
Per chiunque sia intellettualmente onesto, è chiaro che le conseguenze oggi ci sono ma non possono essere ascritte a pochi, facendo finta di non capire che queste hanno consentito di vivere sopramisura a molti.
Allora noi, in questa uscita della newsletter, vorremmo dire che percorrere quel sentiero insieme è ancora possibile senza gettare tutto al vento, senza dimenticare quanto sia stato ma facendone tesoro: rimboccandosi le maniche tutti assieme, indipendentemente dall'età e dal ruolo sociale. Ecco allora il filo conduttore della e-news di San Martino.
 
Valle Pantani: un imprenditore che crede nelle potenzialità della laguna friulana e rilancia in pochi anni una valle da pesca nel rispetto della sua biodiversità e del ruolo ambientale, che ne diventa l'elemento di sviluppo.
Una Birra (Newpom) nata dalla volontà di due imprenditori, uno di pianura e uno di montagna, di credere nel valore della frutticultura FVG offrendo al succo di mela la possibilità di vestirsi a nuovo nel mondo dei "micro" birrifici. Il tutto in un'annata non semplice per l'attacco della cimice.
Un in bocca al lupo a "Io FVG": nuovo brand e immagine della scommessa di Cospalat per il rilancio e la valorizzazione dei prodotti del territorio. Una rete costituita da innumerevoli attori, dalle aziende zootecniche passando ai caseifici della regione, non più comparse ma fieri artefici del proprio futuro.
Dovuta evidenza all'attività dei servizi veterinari regionali che completano il percorso di revisione delle prassi operative di stalle e caseifici nella gestione della problematica aflatossine: una prassi unica, che non lascia più spazio a fraintendimenti e recriminazioni.
 
Quindi Grazie, grazie a tutti questi che, come tanti altri (di cui promettiamo occuparci nelle prossime uscite di questa e-news), si sono rimboccati le maniche e ci danno esempio di come si possa percorrere il sentiero verso il futuro in modo sostenibile, nel rispetto e nell'interesse di tutti. 
 
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NEWSLETTER N.2: L'opinione di Agrifood...Rispetto sostenibile!

Nella newsletter numero 2 abbiamo focalizzato l’attenzione sul tema della sostenibilità e di come sia stato posto al centro, non solo dell’agenda politica nazionale, ma anche delle prospettive di sviluppo, specialmente del nostro settore agroalimentare.
Ciò ha spinto anche il nostro territorio, come altri, a guardare verso uno sviluppo sostenibile e circolare, idea che si riassume oggi nel concetto di Bioeconomia che, per noi di AgrifoodFVG, è sia circolare che rurale.
L’assessore all'agricoltura Zannier, traendo delle conclusioni ad un workshop sulla bioeconomia la scorsa settimana, ha evidenziato 2 punti:
  • Il conoscere per conoscerci, elemento erroneamente scontato nell’attuale società dove le informazioni sono sì veloci, ma così ridondanti da confondere a volte la percezione della realtà...
  • Il coordinarci per rispettarci ed evitare inutili sovrapposizioni, conseguenza naturale del punto precedente.

    Il futuro infatti, per come si prospetta, ci porterà necessariamente a mettere in campo tutti le nostre competenze in un gioco di squadra che da molti anni manca sul nostro territorio. L’alternativa è scomparire.
Allora qualcuno di voi comincerà a chiedersi cosa questo centri con il concetto di sostenibilità da cui siamo partiti sopra.
Bene, il conoscere ed il rispettare il ruolo ed il lavoro di ciascuno sono alla base del concetto di sostenibilità declinato in senso economico, ambientale e sociale.
Quando abbiamo incontrato gli operatori del settore lattiero-caseario nel percorso di riscoperta delle potenzialità del nostro territorio (attivato negli ultimi mesi), una richiesta si è ripetuta spesso: rispetto.
Rispetto per chi lavora, rispetto per chi produce, rispetto per chi mantiene, valorizza e rende fruibile il territorio…. in poche parole : garanzia di sostenibilità per il ruolo di ciascuno.

E allora proprio in questa rinnovata logica di conoscere per rispettare e per rendere sostenibile l’operare di tutti, ci viene spontaneo chiederci quando, accanto alle nuove ed imperversanti etichette di “allevato a terra” o “allevato nel rispetto del benessere animale”, qualcuno avrà il coraggio di scrivere : “garantisce la sostenibilità dell’operato di tutti gli addetti della filiera”... ciò ovviamente a partire dagli agricoltori, ai trasformatori ed ai distributori!
Questo potrebbe essere fatto, in primis, rendendo evidenti le informazioni ed i volti di queste persone che normalmente scompaiono: Non una certificazione etica ma, finalmente, una forma di rispetto….sostenibile!
 
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NEWSLETTER N.1: L'opinione di Agrifood...sulla newsletter di Agrifood

Un’altra newsletter? Presidente, è sicuro? Penseranno che non abbiamo altro da fare…

Certo, probabilmente la reazione media sarà metterla subito nello spam.

E allora perché ci mettiamo a fare una newsletter anche noi?

Perché faremo cambiare idea a chi la legge. Abbiamo l’ambizione di avere cose da dire, opinioni da esprimere, idee da condividere, ma soprattutto fornire uno strumento utile di comunicazione ed informazione su quello che succede dentro ed attorno al nostro settore in Regione. Ma non solo: per quello che può avere ricadute sul nostro territorio ed il tessuto delle nostre imprese, guarderemo anche in Italia, in UE e (manie di grandezza…) nel mondo. La galassia per ora la lasciamo stare…

Ma chi è Agrifood?

Domanda lecita, per questo vogliamo far sapere a tutti quello che stiamo facendo e come lo stiamo facendo. Magari, mettendo  un pochino di “pepe” alla comunicazione perché vogliamo consolidare la nostra posizione come uno dei riferimenti importanti (con un minimo, ma solo un minimo, di arroganza) per il settore e perché è quello che ci si aspetta da noi.

Ma quindi di cosa parlerà la newsletter Agrifood? Qual è l'obiettivo?

Attirare l'attenzione su quegli argomenti dell'ambito agroalimentare che mirino a stimolare un confronto ed una collaborazione volta ad arricchire il disegno di un settore produttivo regionale che è molto più importante di quanto appaia da un’analisi superficiale.
Come dice il direttore Rovere il gioco è quello di connecting dots: unire i punti fino a scoprire l’immagine nascosta di cui facciamo parte.

Ci riusciremo?

Non lo so, ma faremo il possibile per non deludere le aspettative.
 
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